Breviarium Romanum promulgato dal Concilio di Trento, pubblicato sotto Papa Pio V, nel 1568. Ristampa.
PREMESSA ALLA SECONDA EDIZIONE
di Manlio Sodi
Per la liturgia il Breviarium e il Missale sono i due libri che meglio e con maggior ampiezza esprimono i tanti aspetti dei contenuti dei santi misteri. La loro conoscenza si rivela oltremodo fruttuosa in ordine a quella storia di salvezza che si attua nel tempo.
Non meraviglia quindi il risveglio per l'attenzione alla storia delle fonti. Mentre permane desto il richiamo a tutto ciò che è stato il patrimonio del primo millennio cristiano, in tempi recenti si è sviluppata una peculiare attenzione alle varie forme della liturgia tridentina che è stata rinnovata in seguito alle disposizioni del Concilio Vaticano II.
Il desiderio e il bisogno di conoscere meglio l'editio princeps — oggi diremmo l'editio typica — della riforma scaturita dai dettami del Concilio di Trento per ciò che riguarda il Breviarium e il Missale, e poi sviluppatasi con gli altri libri, sono stati all'origine dell'impresa della collana "Monumenta Liturgica Concilii Tridentini".
I sei torni, apparsi non secondo la successione della loro pubblicazione originaria ma secondo una prospettiva determinata da elementi contingenti, hanno fatto sì che si potesse avere a disposizione il libro sicuri iacet. Il senso di una edizione anastatica risiedeva proprio nell'offrire allo studioso la possibilità di 'contemplare' il volume nella sua integrità, per quanto è stato possibile.
È in questa prospettiva che tra il 1997 e il 2005, nonostante la morte del Collega, il prof. Don Achille M. Triacca (4 ottobre 2002), è stato possibile completare la collana. L'esaurirsi dell'edizione del Breviarium e del Missale ha fatto sì che — ringraziando l'incoraggiamento dell'Editore — fosse predisposta questa nuova edizione. Sostanzialmente uguale alla prima anche se nella presente si omette la Nota che caratterizzava la prima edizione (pp. XIX-XXII). Per completezza avremmo dovuto sviluppare nell'Introduzione ciò che poi per ovvi motivi di spazio è stato affidato alle pagine della Rivista Liturgica 87 (2000) dove è stato ampiamente descritto l'esemplare riprodotto (pp. 167-178), ed è stato fatto un confronto con alcuni aspetti dell'editio typica del 1961 (pp. 179-191).
Nel desiderio di venire incontro alle generazioni che non hanno conosciuto l'ultima fase della riforma tridentina compiuta sotto il pontificato di Pio XII e Giovanni XXIII, in tempi più recenti è stata realizzata tra il 2007 e il 2010 la collana "Monumenti Liturgica Piana" con la riedizione anastatica del Missale, del Rituale, del Pontificale e del Breviarium. L'ultimo volume, dal titolo Liturgia tridentina. Fontes. Indiees. Concordantia 1568-1962, costituisce la chiave di volta per un accostamento dell'insieme di tutto il percorso tridentino. L'indicizzazione delle formule, libro per libro, insieme alla Concordantia dei testi del Missale del l962 permette di acquisire una strumentazione metodologica tale da accostare i contenuti di una "pagina" di storia della liturgia che va nelle sue linee essenziali dal Concilio di Trento al Concilio Vatuicano II, ma che affonda le sue radici nella più ampia tradizione della Chiesa di Occidente, a cominciare dai tre grandi Sacramentari (Veronense, Gelasiano e Gregoriano) per continuare nel Missale e nel Breviarium che sono stati predisposti per volontà di quei Padri conciliari che mentre votavano per una riforma della liturgia pregavano con le forme tridentine.
Nell'affidare alle stampe questa edizione rinnovata del Breviarium del 1568, in parallelo con l'edizione del Missale del 1570, esprimo un grazie a tutti coloro che ci hanno sorretti e incoraggiati in questa non facile impresa. L'auspicio è che attraverso una conoscenza più attenta delle fonti si possa percepire la ricchezza spirituale che promana dalle formule per farne un'esperienza di vita. E stato questo l'obiettivo che ci ha sempre animati, alla scuola del maestro Don Achille M. Triacca, il cui pensiero continua a ispirare riflessioni stimolanti per un culto che aiuti ad essere sintesi tra lex credendi e lex vivendi.
PRESENTAZIONE
di Virgilio Card. Noè
L'edizione anastatica del Breviarium Romanum del 1568 offre l'occasione al prete di una certa età, di ricordare il giorno in cui il vescovo, che lo ha ordinato suddiacono, gli ha messo nelle mani il volume della preghiera ufficiale della Chiesa. La consegna materiale del volume non avveniva nella liturgia dell'ordinazione, ma da quel momento si stampava nell'animo e nella vita del nuovo suddiacono, l'onore e l'impegno di essere l'orante per la Chiesa di Dio. Familiare era in quei giorni la raccomandazione di un arcivescovo di Vienna, il card. Karl August von Reisach (1800-1869), che a un suo chierico aveva affidato il breviario con le parole: "Ricordati che oggi ti sono affidati gli interessi della Chiesa".
Il breviario da allora divenne il compagno inseparabile del ministro di Dio, al punto che il popolo ha immedesimato il suo pastore con il breviario. I fedeli glielo vedono in mano, il breviario, glielo mettono vicino quando deve fare il ritratto ufficiale. Quanto al prete, se deve partire per un viaggio, non può dimenticare il breviario. Malato, vecchio, stanco di altre letture, il prete torna al breviario perché lo conosce e lo apprezza come il libro più sostanzioso e più vero, eternamente dolce e gradito per gli elementi che lo compongono.
Anche la letteratura contemporanea, quando ospita nelle trame di un romanzo un prete, gli mette nelle mani il breviario. La bella figura di P. Gastone, ben delineato da Bruce Marshall nel suo romanzo: "A ogni uomo un soldo", si muove in mezzo alle strade concitate delle città americane in compagnia di "una delle felicità del sacerdote: quella di poter lanciare verso il paradiso i versetti del suo breviario". Né si può dimenticare il don Abbondio de "I promessi sposi", che "sulla sera del 7 novembre dell'anno 1628, tornava bel bello dalla sua passeggiata verso casa... Diceva tranquillamente il suo ufficio, e talvolta, tra un salmo e l'altro, chiudeva il breviario, tenendovi dentro, per segno, l'indice della mano destra...". Il gesto di don Abbondio era abituale nei preti di tempi andati. C'è stato chi ha voluto evadere una curiosità: quanti anni di vita avrà avuto il breviario di don Abbondio? Facendo il conto che Pio V aveva pubblicato la bolla di promulgazione del suo breviario nel 1568, e che il giorno in cui don Abbondio recitava il suo breviario era il 7 novembre 1628, la copia che il curato "d'una delle terre accennate di sopra", teneva nelle sue mani non poteva avere più di sessant'anni. Sempre che don Abbondio non si fosse dotato dell'edizione voluta da Clemente VIII, nel 1602.
Vari altri papi s'erano preoccupati di dare ai preti del loro tempo uno strumento di preghiera: Pio V e Clemente VIII, a cui seguirono Urbano VIII, Benedetto XIV, Leone XIII, Pio X, Pio Xl, Pio XII.
Se volessimo aprire il breviario, quanti tesori si trovano in esso. Ne hanno goduto tutti i preti dal 1568 al 1971! Ogni parte di esso ha formato la gioia spirituale dei ministri in sacris che accostavano il breviario come opus Dei e non come onus diei. Il breviario come peso giornaliera era definizione che non piaceva a S. Alfonso Maria de' Liguori: egli parlava di breviario come "di sollievo e delizia dello spirito... E se mai vuol dirsi peso, è peso di ali, che ci sollevano a Dio". Qualcuno di questi sacerdoti del tempo andato ha affidato la sua impressione a qualche pagina bianca del suo breviario. L'hanno chiamato con reminiscenze agostiniane: "Psalterium meum, gaudium meum... Breviarium meum, paradisum meum...".
Ciò valeva per ogni parte del breviario: per i salmi e i cantici, per gli inni, per le letture bibliche e patristiche, per le letture storiche, dove l'incontro con i santi metteva a contatto con gente che continuava a fare del bene. Tutto nel breviario era fonte di gioia.
Un filone storico da completare è quello dell'interesse che i papi in 400 anni hanno dimostrato per il breviario. Oltre ai nomi già citati, piace ricordare ancora l'insegnamento di Pio XII nella Menti nostrae: "Questa preghiera (del breviario) è veramente la voce di Cristo, il quale prega per noi quale nostro sacerdote, prega in noi quale nostro capo" (S. Agostino). È parimenti sempre "la voce della Chiesa", che riassume i voti e i desideri di tutti i fedeli, i quali, associati alla voce e alla fede del sacerdote, lodano Gesù Cristo, e per mezzo di lui ringraziano l'Eterno Padre, e ne impetrano gli aiuti necessari nelle vicende di ogni giorno e di ogni ora...".
Le parole di Agostino sarebbero tornate luminose nei testi conciliari (Sacrosanctum Concilium, n. 83) e postconciliari per renderci attenti alla pluralità di voci, che formano l'armonia della preghiera della Chiesa. "Nella voce di Cristo orante nella Chiesa, dobbiamo riconoscere in lui la nostra voce e la sua voce in noi" (cf Istituzione generale della Liturgia delle Ore, n. 7).
Buona e bella l'iniziativa di mettere a disposizione come una fonte della tradizione il Breviarium Romanum del 1568. È un documento prezioso che ha legato nei tempi andati a Cristo e alla Chiesa i sacerdoti che l'hanno ricevuto come testimonianza della preghiera della Chiesa.
INTRODUZIONE
La preghiera ufficiale della Chiesa di Rito romano è stata designata con vari nomi, fra i quali nella storia si affermò particolarmente quello di Officium divinum, accreditato forse anche dall'uso che ne fecero la Regula Magistri e la Regula monasteriorum di S. Benedetto, il quale però usa più frequentemente l'accezione Opus Dei. Dal sec. XIII si diffuse sempre più il nome di Breviarium. Già prima del Concilio di Trento vari libri dell'Ufficio — almeno dall'anno 1501 — portano il titolo di Breviarium Romanum.
Con la riforma liturgica sancita dal Concilio Vaticano II l' Ufficio divino — contenuto nel libro Breviarium Romanum — è stato denominato Liturgia Horarum: è questo il contenuto del libro liturgico che va sotto il titolo: Officium divinum. L'accezione e le diverse modalità con cui è stata denominata la preghiera programmata dalla Chiesa per ottemperare al desiderio e all'esortazione del Signore: "Occorre pregare sempre, senza stancarsi" (Lc 18,1), che per l'Apostolo diventa un imperativo: "Pregate senza interruzione" (1 Ts 5,17), merita una trattazione a parte. Essa porterebbe a comprendere come Chiese locali, comunità orientali e occidentali di fratelli e sorelle, consacrate in modo peculiare dal Signore e per il Signore, abbiano caratterizzato la propria spiritualità di oranti secondo tonalità tipiche rintracciabili in codici manoscritti6 e in libri a stampa. Le sfumature sono mutate nel decorso dei secoli, ma rimane immutata la sostanza e l'obiettivo della preghiera ufficiale della Chiesa.
Dando alle stampe — per mezzo della presente reimpressione anastatica — il Breviarium Romanum promulgato dal Concilio di Trento si vuole, tra l'altro, facilitare la concreta possibilità di accostarsi ad una delle tonalità con cui l'Ecclesia Dei di Rito romano ha innalzato la propria lode alla Trinità dal 1568 al 1971. I ritocchi e le riforme sopraggiunti sono testimoniati dalle varie edizioni che, con aggiunte e modifiche volute dai Sommi Pontefici nel decorso dei secoli, hanno reso il Breviarium uno strumento di preghiera viva per la vita della Chiesa.
ESTRATTO DAL PRIMO CAPITOLO
UNO SGUARDO ALLA STORIA
Studi anche poderosi circa la storia dell' Officium non mancano. Essi sono fondamentalmente polarizzabili almeno attorno a tre questioni. La prima è costituita dal formarsi del volumen con i testi necessari a questo tipo di preghiera (inni, salmi, canti, letture, orazioni...). La seconda gravita attorno al passaggio dai molteplici manoscritti alla progressiva loro eliminazione per il fatto che una scelta si imponeva quando si è inteso passarli a stampa. La terza questione è quella delle riforme dell'Ufficio divino in relazione con la storia delle sue varie edizioni a stampa. Qui ci limitiamo ad alcuni accenni circa i precedenti della stampa dell' Officium, circa l'opera del Quifiones, e circa la successiva riforma voluta dal Concilio di Trento.
1.1. Una preistoria della stampa del Breviario
Senza dubbio non è questa la sede più adeguata per trattare in modo esauriente la storia della preghiera dell'opus Dei secondo le forme proprie alle comunità e alle Chiese locali (forme monastiche, cattedrali, ecc.). I pochi accenni che vengono fatti sono orientati a cogliere il filo conduttore essenziale che permetta di giungere all'edizione dell' Officium voluta dal Concilio tridentino. In questo percorso va tenuto presente che con l'invenzione della stampa la diffusione dell' Officium ricevette un impulso decisivo sia in ordine alla schematizzazione delle sue forme, sia in ordine ai suoi diversi cursus.
L'Ufficio romano (-benedettino) adottato sotto i carolingi con uno schema unico, progressivamente fu usato da tutte le Chiese locali che avevano adottato la liturgia di tipo romano-franco. Ma anche altrove tale "tipo" entrò nel tessuto ecclesiale come tipo comune.
Con il formularsi del così detto Breviario della Curia romana legato tra l'altro all'opera dei Papi Innocenzo III (1198-1216), Onorio III (1216-1227), Gregorio IX (1227-1241) — si raggiunge una standardizzazione dell'Ufficio completo. Esso cioè possiede tutte le parti in modo organico e dettagliato. Progressivamente, specie ad opera degli Ordini mendicanti, primo fra tutti quello francescano, questa forma di officiatura si diffonde e viene usata in quasi tutto l'Occidente cattolico.
Di fronte alla progressiva diffusione del Breviario romano-francescano, si profilarono all'orizzonte tendenze riformatrici come quella del canonico Raoul (Rodolfo) De Rivo, decano di Tongres 1403) che voleva ripristinare l'antico Ufficio romano-gallicano dell'epoca carolingia.
Su un lato opposto si pongono altre spinte riformatrici. Si tratta di quelle volute dagli Umanisti ai quali lo stile, le forme verbali, le espressioni letterarie del Breviario in uso erano detestabili per la loro rozzezza. Di queste istanze, che tendevano a eliminare errori di sintassi e ineleganze di stile nella preghiera della Chiesa, si fece interprete lo stesso Leone X (1513-1521) che incaricò il vescovo di Guardialfiera (Campobasso) Mons. Zaccaria Ferreri di curare il Breviario secondo le linee riformatrici promosse e auspicate dagli Umanisti. La riforma del Ferreri non venne ultimata; vide infatti la luce solo l'innario. Per cui la riforma voluta dagli Umanisti non sortì alcun effetto. Tuttavia, con la stampa dell'innario si è di fronte a una concreta attuazione dei tentativi di riforma del Breviario prima di quella voluta dal Concilio di Trento.
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diesonne il 19 gennaio 2012 alle 11:18 ha scritto:
si ristampa solo per incassare soldi, ben sapendo che detto breviario non verrà usato - il nuovo messale, già pubblicato in latino, da anni, non si riesce a tradurlo. Come se fosse un incunabulo o un papiro egiziano - quanti latinisti non sono in grado di tradurre il latino ecclesiastico - la traduzione si potrebbe affidare agli studenti del classico - Misteri della Cei e Congrazione per il Culto
Ricardo Noriega il 24 marzo 2018 alle 22:56 ha scritto:
This beautiful reprint edition is an essentiall tool for understanding the evolution of the Divine Office. I had been trying to get this book from other sources for a long time. Thank you, Libreria del Santo!
Studente Óscar Vega Prieto il 2 settembre 2019 alle 22:37 ha scritto:
Questa ristampa è in generale correttamente adoperata, e permette (non unico volume, ciò che è da ringraziare) la consultazione della prima editio tipica del breviario romano così com'è uscito dalla riforma di Pio V. L'utilizzo di numeri in margine, l'appendice e la breve introduzione storica ne rendono alquanto più facile la consultazione a scopo scientifico. È nonostante da rimproverare la mancanza dell'uso dei due colori lungo tutta l'opera, tranne per il calendario. Questo particolare, non spiegato nell'introduzione, potrebbe essere dovuto alla stampa originale; se deciso dai curatori della presente edizione, non sarebbe stato certo una scelta felice. Comunque la consultazione (e l'eventuale utilizzo nella preghiera, per chi lo voglia), del breviario non ne viene eccessivamente messa in difficoltà.