Transizione epocale. Studi sul Concilio Vaticano II
(Testi e ricerche di scienze religiose. N.S. - ISR Bologna)EAN 9788815127693
La voluminosa raccolta di studi è un significativo omaggio allo “storico del Concilio Vaticano II”, scomparso nel giugno 2007. Lo afferma nella introduzione (23-25) Alberto Melloni, che ora dirige quell’Istituto fondato da Giuseppe Dossetti e per lunghi anni guidato dall’Alberigo stesso. La storiografia cattolica degli ultimi decenni ha certamente nella Storia del Concilio Vaticano II in cinque volumi (1995-2001) da lui organizzata e diretta, un importante risultato: quello dell”evento”, infatti, il massimo del sec. XX, trascende l’orizzonte della storia della Chiesa Cattolica e si inserisce nella vicenda complessiva dell’umanità uscita dalla Seconda Guerra Mondiale e protesa verso quella società globale del nostro secolo. In questa prospettiva la grande fatica di Alberigo si impone nella sua importanza, come si è espressa in tanti contributi dati alla “comprensione storica” di protagonisti, contenuti qualificanti la riflessione dottrinale, momenti decisivi del suo svolgimento e passaggi della sua “recezione” nei più diversi contesti ecclesiali, culturali e sociali. Come rileva Karl Lehmann, cardinale e arcivescovo di Mainz, questo lavoro si impone per il “rigore scientifico” e per “l’amore alla Chiesa”, tanto evidenti (17), come l’impegno di lasciare strumenti e prospettive per le future indagini. Non è questa la sede per rievocare i termini del dibattito che ha originato la Storia di Alberigo; è sufficiente rinviare all’opuscolo recente, curato da Alberto Melloni e Giuseppe Ruggeri (Chi ha paura del Vaticano II, Carocci, Roma 2009). Gli studi editi in questo volume sono ventisette e coprono un arco cronologico trentennale, da quello su Una cum patri bus. La formula conclusiva delle decisioni del Vaticano II del 1970 al saggio conclusivo Concilio futuro della Chiesa apparso sulla rivista “Adista” del 2003. L’insieme è articolato in sei sezioni di cui fanno parte il prologo e l’epilogo. I due saggi del prologo sono dedicati ai “criteri ermeneutici” per ricostruire storiograficamente la vicenda del Concilio (29-45) e per valutarne la “recezione” tra “fedeltà e creatività” (46-69). La straordinaria complessità, la sua singolarità storica e il dinamismo originato nel cattolicesimo dei cinque continenti esigono un’attenta analisi dell’evento, dal primo annuncio del 25 gennaio 1959 ai decenni seguenti la conclusione dell’8 dicembre 1965. Su questi argomenti si è acceso, negli ultimi anni, un vivace e interessante dibattito del quale è utile tener conto quanto ha scritto più volte Gilles Routhier e messo insieme nel 2006, nel volume tradotto ora in italiano, Il Concilio Vaticano II. Recezione ed ermeneutica (Vita e Pensiero, Milano 2006). “Snodi e figure” è il titolo della seconda parte che occupa gran parte del volume (73-503) con dodici studi. Essi riguardano l’ispirazione del concilio, attraverso l’esperienza del Card. Roncalli (73-92), il pensiero di Giovanni XXIII (95- 133), i passaggi della fase antipreparatoria degli anni 1959-1960 (135-160), la preparazione del Regolamento (161-181) e la sua revisione con Paolo VI (185- 228), la evocazione dei suoi organi direttivi (229-269), la formula conclusiva delle decisioni (271-305), la nota esplicativa previa del Philips (307-323), la considerazione di Marie Dominique Chenu nel suo diario (351-367), il ruolo degli osservatori a-cattolici (325-350), l’esperienza fatta dai vescovi (369-392), infine l’ampia analisi del ruolo di Giuseppe Dossetti (393-503). A questo punto non può non ricordarsi il notevole contributo dato dallo stesso Alberigo alla riflessione dei padri conciliari tramite l’arcivescovo Pietro Parente che riportò le conclusioni del suo notevole studio su Lo sviluppo della dottrina dei poteri nella Chiesa tra il XVI e il XIX secolo, pubblicato nel 1964, e con la sua autorevolezza confermò e orientò i partecipanti alla visione della organizzazione gerarchica che il Vaticano II ha dato nel capitolo III della costituzione Lumen Gentium. Il concilio con la riforma liturgica (505-525), con la spinta verso l’aggiornamento (527-552) e la sua incidenza sulla riflessione teologica (629- 642) è considerato nei più ampi contesti storici del cattolicesimo, nella tradizione dei concili (553-573), nei suoi peculiari apporti (la “eredità”) (575-600), dentro le trasformazioni culturali dell’Europa (601-627). Sono i saggi della terza parte “storicizzare il concilio”. Sulla recezione del concilio convergono gli studi raccolti nella quarta parte. Non si tratta di semplice attuazione. La recezione dice molto di più; si tratta di far proprie le spinte originate da quell’evento storico (643-697). Non si può tener conto delle distanze tra quanto pensato e dette nei lavori del concilio e quanto concluso nei suoi testi (699-720), tra le attese e i risultati (721-743). Comunque una “svolta” c’è stata e nella sinodalità è l’orizzonte prospettico per l’avvenire della Chiesa (745-763). Il saggio che occupa la quinta parte riguarda la valutazione di quello che il concilio è stato negli anni della sua preparazione e del suo svolgimento; quasi un bilancio storico che fa pensare ad una “transizione epocale” per la Chiesa cattolica nel modo così articolato nelle sue diversità che si vanno evidenziando (765- 861), la chiamata della Chiesa alla sua missione tra gli uomini non esclude resistenze e difficoltà, come sempre nella storia del cristianesimo. Nel saggio conclusivo , l’epilogo (863-881), l’auspicio dell’Alberigo è che l’esperienza fatta dalla cattolicità durante il concilio possa diventare esperienza delle Chiese, per il loro futuro. Se di questo volume si è data una dettagliata presentazione, la ragione sta nella convinzione che esso rappresenta uno strumento utile per chi intende approfondire l’analisi storica di quanto è stato e di ciò che può ritenersi il Concilio Vaticano II. In queste prospettive di valutazione si pongono le conclusioni di John W. O’Malley nel 2008 (ora Che cosa è successo nel Vaticano II, Vita e Pensiero, Milano 2010). Tale indagine di indole storica deve precedere qualunque altro tipo di riflessione che rischia di diventare lettura ideologica di testi, di qualunque segno essa sia. Lo ha ribadito ancora una volta il Routhier (Il Concilio Vaticano II, cit., 259- 260). La comprensione di quello che realmente è stato il concilio ecumenico del secolo XX, è fondamentale per il lavoro dei teologi, e condiziona essenzialmente l’esegesi del testo conciliare e, di conseguenza, la “recezione” stessa del concilio nella storia odierna dei cattolici del mondo, delle loro comunità e delle Chiese particolari, così come sono collocati nei contesti sociali e culturali, economici e politici dei loro paesi. L’attenzione ai “segni dei tempi” necessita di quella ai “segni dei luoghi”. Gli studiosi si avvantaggeranno di questa raccolta di saggi editi in tempi diversi e sparsi in tante sedi editoriali. L’omaggio alla memoria di Giuseppe Alberigo (1926-2007) diventa doverosa riconoscenza. Del resto anch’egli raccolse gli studi sparsi di Hubert Jedin, lo storico del Concilio di Trento, di cui era stato discepolo (cf Chiesa della fede Chiesa della storia. Saggi scelti, Morcelliana, Brescia 1972). Ha accomunato entrambi il rigore scientifico; la grande fatica di ricostruire la memoria dei concili fondamentali del cattolicesimo li ha resi entrambi maestri per nuove generazioni di studiosi. Si aggiunga, infine, che l’amore per la Chiesa, sottostante al loro lavoro, ha consentito loro di vedere placidamente le “transizioni epocali” che sono nella vicenda bimillenaria del cristianesimo, con sereno ottimismo e con speranza per il suo futuro.
Tratto dalla Rivista di Scienze Religiose di Brindisi "Parola e Storia" n.2-2010
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