Cristianesimo, Chiese e vangelo
(Testi e ricerche di scienze religiose. N.S. - ISR Bologna)EAN 9788815089106
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DETTAGLI DI «Cristianesimo, Chiese e vangelo»
Tipo
Libro
Titolo
Cristianesimo, Chiese e vangelo
Autore
Ruggieri Giuseppe
Editore
Il Mulino
EAN
9788815089106
Pagine
373
Data
gennaio 2002
Altezza
21 cm
Larghezza
15 cm
Profondità
2,1 cm
Collana
Testi e ricerche di scienze religiose. N.S. - ISR Bologna
COMMENTI DEI LETTORI A «Cristianesimo, Chiese e vangelo»
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Recensioni di riviste specialistiche su «Cristianesimo, Chiese e vangelo»
Recensione di Ermanno Roberto Tura della rivista Studia Patavina
Il volume ripropone studi in gran parte già pubblicati (cf. le “Fonti” alle pp. 361-362), ma rifusi e collegati insieme da un filo che permette di cogliere limpide e ribadite alcune convinzioni fondamentali caratterizzanti la diuturna proposta teologica di G. Ruggieri. Non ci è dispiaciuto percorrere le 370 pagine durante un periodo quaresimale, ricevendone non pie esortazioni ma provocanti stimolazioni per ripensare qualche “articulus stantis vel cadentis Ecclesiae”: perché il volume in sostanza sottende una indiretta apologia del Vaticano II (con il nocciolo ispiratore in Lumen gentium 8, più volte ribadito), sorretta da una invidiabile conoscenza della storia della Chiesa, su cui il bravo teologo siciliano ama ritornare, stimolato anche dal vivace ambiente dell’Istituto per le Scienze Religiose di Bologna. Con tali sollecitazioni l’a., docente ordinario di teologia fondamentale presso lo Studio teologico di Catania, può iniziare la sua proposta affermando che “il cristianesimo vive per sua natura di una tensione interiore che nessun cristianesimo «realizzato» può presumere di spegnere” (p. 8): resta cioè perenne il problema della fedeltà al vangelo dentro le sfide che i cristiani devono affrontare nell’oggi della storia.
Il volume si suddivide in quattro parti. La prima mette a fuoco la vicenda e la portata del termine Cristianesimo come “concetto dal senso instabile”, tuttavia caratterizzato fin dall’inizio da due dati costitutivi: il riferimento alla vicenda di Gesú di Nazareth e l’apertura missionaria alle genti. La svolta del quarto secolo distingue piuttosto nettamente dottrina e vita e inizia a proporre il lungo regime di cristianità come amalgama di chiesa e società, amalgama che trascolora l’alterità iniziale. Le grandi lacerazioni, specie del secondo millennio, e il dinamismo della missione pongono la domanda sull’essenza della fede cristiana e, più avanti, il serrato confronto con la mentalità moderna stimola successive ricollocazioni durante il Novecento. I nodi conclusivi suggeriscono i temi da affrontare, almeno in filigrana, nelle parti successive del volume: il ruolo costitutivo dell’ “altro” nell’avventura della chiesa nella storia; il rapporto tra l’indicativo e l’imperativo cristiano nel sofferto avvertire lo scarto di ogni concreta realizzazione ecclesiale; le varie figure della verità nella legittima diversità delle scelte storiche sempre “incompiute”; il rapporto con la religione civile e con le altre religioni.
La seconda parte inizia con il titolo Le chiese tra disciplina dell’unità e pace della fede: dà per acquisita la consapevolezza del patrimonio comune e della legittimità di sottolineature diverse; aggiunge, in quattro diversi contributi, suggerimenti per il cammino da compiere verso l’unità piena e manifesta evocando la disciplina di una esigente unità nel richiamo all’etimologia del termine “disciplina” da “discipulus” di un unico Maestro. Il primo suggerimento esige la riappropriazione dell’essere chiesa come fraternità evangelica per tentare di riesprimere nella storia il mistero della comunione; il secondo impone di riesaminare le concezioni stesse dell’unità ecclesiale, per superare riduzioni a modelli rigidi dovuti alle coordinate culturali di una data epoca; il terzo ricorda che anche la chiesa nel suo cammino storico si propone in genere signi, e dunque come segno e metafora dell’umanità riconciliata; il quarto punta a rendere operante la logica dell’unità cristiana non solo nel rapporto tra le chiese, ma anche nell’incontro interreligioso: al punto da leggere nel pluralismo religioso non più un motivo di conflitto ma una speranza di pace (cf. il gesto di Assisi ripensato alle pp. 164-170).
La terza parte desidera recuperare lo spessore rigorosamente teologico de La medicina della misericordia proposta da papa Roncalli come evocazione del volto risanante di Dio rivolto all’uomo vivente in una concreta condizione storica segnata dal peccato. Anche in queste pagine i primi spunti stimolativi sono rivolti alla chiesa che deve collocare se stessa dentro l’orizzonte della misericordia collegando peccato e penitenza (cf. l’ossimoro “prostituta casta” di p. 184 e la densa preghiera liturgica del lunedì della terza settimana di quaresima di p. 186 e p. 215: servono insieme da filo conduttore). Ma nell’enigma che la dimensione della colpa rappresenta per la cultura contemporanea, la chiesa è chiamata ad accompagnare l’umanità confessando il peccato suo e di tutti in modo tale che non si oscuri l’orizzonte della speranza: la storia della tolleranza e intolleranza violenta costituisce problema teologico in un percorso segnato da profonde incoerenze nei confronti del vangelo della riconciliazione. Ulteriormente in tale orizzonte della misericordia divina la chiesa è invitata a ricomprendersi come spazio di accoglienza delle diversità ripensando la propria storia ma anche cogliendo l’attuale grande segno dei tempi rappresentato dalla cultura della diversità e dell’alterità (che impone una nuova comprensione della propria identità e delle condizioni di un incontro con l’altro: cf. pp. 253-259, dove l’a. spiega la paradossale fisionomia di un Dio “straniero” nella chiesa).
La quarta parte individua fin dal titolo lo spazio del vangelo nella confessione: non abbiamo né oro né argento. La chiesa ha un solo debito nella storia: annunciare il vangelo senza mescolarlo ad altro, confessando la propria radicale povertà: di fronte ad appelli e tentazioni allettanti ma riduttive, la chiesa è simbolo e metafora della riconciliazione nel mondo. “La chiesa fedele al Crocifisso deve preoccuparsi di porre dentro la storia le stranezze che di fatto i suoi santi hanno sempre posto” (p. 335 nel contesto di pp. 324-338). L’istanza escatologica del cristianesimo viene ribadita anche nelle pagine conclusive sulla sfida rivolta ancor oggi al cristianesimo teso tra «religione civile» e testimonianza evangelica.
Sul bel volume abbiamo lasciato più di un punto esclamativo, quasi invito a ritornare su quella pagina in seconda e terza lettura per una ruminatio indispensabile. In realtà non sono moltissime le prospettive teologiche del volume: e tuttavia Ruggieri sa riprenderle con sapienza in contesti diversi, aiutando il credente a coltivare un’autentica nostalgia verso la perenne lievitazione del puro vangelo del Signore Gesù entro la storia umana ed ecclesiale che si mostra non raramente refrattaria. Attraverso l’ottima conoscenza della lingua e della letteratura teologica tedesca Ruggieri sa assumere con discrezione infiltrazioni luminose anche dalla spiritualità protestante, onde ricamare la tela della riflessione cattolica con fili che orientano a disegni coraggiosi oltre l’ovvietà, ma tenendosi ben lontano dalla ingenuità degli assolutisti, bensì affidando l’inevitabile dialettica tra Regno e storia alla “prudenza” in senso forte tomista (cf. p. 279).
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Il volume si suddivide in quattro parti. La prima mette a fuoco la vicenda e la portata del termine Cristianesimo come “concetto dal senso instabile”, tuttavia caratterizzato fin dall’inizio da due dati costitutivi: il riferimento alla vicenda di Gesú di Nazareth e l’apertura missionaria alle genti. La svolta del quarto secolo distingue piuttosto nettamente dottrina e vita e inizia a proporre il lungo regime di cristianità come amalgama di chiesa e società, amalgama che trascolora l’alterità iniziale. Le grandi lacerazioni, specie del secondo millennio, e il dinamismo della missione pongono la domanda sull’essenza della fede cristiana e, più avanti, il serrato confronto con la mentalità moderna stimola successive ricollocazioni durante il Novecento. I nodi conclusivi suggeriscono i temi da affrontare, almeno in filigrana, nelle parti successive del volume: il ruolo costitutivo dell’ “altro” nell’avventura della chiesa nella storia; il rapporto tra l’indicativo e l’imperativo cristiano nel sofferto avvertire lo scarto di ogni concreta realizzazione ecclesiale; le varie figure della verità nella legittima diversità delle scelte storiche sempre “incompiute”; il rapporto con la religione civile e con le altre religioni.
La seconda parte inizia con il titolo Le chiese tra disciplina dell’unità e pace della fede: dà per acquisita la consapevolezza del patrimonio comune e della legittimità di sottolineature diverse; aggiunge, in quattro diversi contributi, suggerimenti per il cammino da compiere verso l’unità piena e manifesta evocando la disciplina di una esigente unità nel richiamo all’etimologia del termine “disciplina” da “discipulus” di un unico Maestro. Il primo suggerimento esige la riappropriazione dell’essere chiesa come fraternità evangelica per tentare di riesprimere nella storia il mistero della comunione; il secondo impone di riesaminare le concezioni stesse dell’unità ecclesiale, per superare riduzioni a modelli rigidi dovuti alle coordinate culturali di una data epoca; il terzo ricorda che anche la chiesa nel suo cammino storico si propone in genere signi, e dunque come segno e metafora dell’umanità riconciliata; il quarto punta a rendere operante la logica dell’unità cristiana non solo nel rapporto tra le chiese, ma anche nell’incontro interreligioso: al punto da leggere nel pluralismo religioso non più un motivo di conflitto ma una speranza di pace (cf. il gesto di Assisi ripensato alle pp. 164-170).
La terza parte desidera recuperare lo spessore rigorosamente teologico de La medicina della misericordia proposta da papa Roncalli come evocazione del volto risanante di Dio rivolto all’uomo vivente in una concreta condizione storica segnata dal peccato. Anche in queste pagine i primi spunti stimolativi sono rivolti alla chiesa che deve collocare se stessa dentro l’orizzonte della misericordia collegando peccato e penitenza (cf. l’ossimoro “prostituta casta” di p. 184 e la densa preghiera liturgica del lunedì della terza settimana di quaresima di p. 186 e p. 215: servono insieme da filo conduttore). Ma nell’enigma che la dimensione della colpa rappresenta per la cultura contemporanea, la chiesa è chiamata ad accompagnare l’umanità confessando il peccato suo e di tutti in modo tale che non si oscuri l’orizzonte della speranza: la storia della tolleranza e intolleranza violenta costituisce problema teologico in un percorso segnato da profonde incoerenze nei confronti del vangelo della riconciliazione. Ulteriormente in tale orizzonte della misericordia divina la chiesa è invitata a ricomprendersi come spazio di accoglienza delle diversità ripensando la propria storia ma anche cogliendo l’attuale grande segno dei tempi rappresentato dalla cultura della diversità e dell’alterità (che impone una nuova comprensione della propria identità e delle condizioni di un incontro con l’altro: cf. pp. 253-259, dove l’a. spiega la paradossale fisionomia di un Dio “straniero” nella chiesa).
La quarta parte individua fin dal titolo lo spazio del vangelo nella confessione: non abbiamo né oro né argento. La chiesa ha un solo debito nella storia: annunciare il vangelo senza mescolarlo ad altro, confessando la propria radicale povertà: di fronte ad appelli e tentazioni allettanti ma riduttive, la chiesa è simbolo e metafora della riconciliazione nel mondo. “La chiesa fedele al Crocifisso deve preoccuparsi di porre dentro la storia le stranezze che di fatto i suoi santi hanno sempre posto” (p. 335 nel contesto di pp. 324-338). L’istanza escatologica del cristianesimo viene ribadita anche nelle pagine conclusive sulla sfida rivolta ancor oggi al cristianesimo teso tra «religione civile» e testimonianza evangelica.
Sul bel volume abbiamo lasciato più di un punto esclamativo, quasi invito a ritornare su quella pagina in seconda e terza lettura per una ruminatio indispensabile. In realtà non sono moltissime le prospettive teologiche del volume: e tuttavia Ruggieri sa riprenderle con sapienza in contesti diversi, aiutando il credente a coltivare un’autentica nostalgia verso la perenne lievitazione del puro vangelo del Signore Gesù entro la storia umana ed ecclesiale che si mostra non raramente refrattaria. Attraverso l’ottima conoscenza della lingua e della letteratura teologica tedesca Ruggieri sa assumere con discrezione infiltrazioni luminose anche dalla spiritualità protestante, onde ricamare la tela della riflessione cattolica con fili che orientano a disegni coraggiosi oltre l’ovvietà, ma tenendosi ben lontano dalla ingenuità degli assolutisti, bensì affidando l’inevitabile dialettica tra Regno e storia alla “prudenza” in senso forte tomista (cf. p. 279).
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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