Caritas et sapientia
-Raccolta di studi francescani
(Teologia spirituale) [Libro in brossura]EAN 9788810541630
L’ampia pubblicazione che presentiamo, editata dall’Istituto Francescano di Spiritualità della Pontificia Università Antonianum in onore del professor Leonard Lehmann, nell’occasione del suo settantesimo genetliaco, attesta il tenace, appassionato e competente impegno profuso dal frate minore cappuccino nell’esplorare l’esperienza cristiana di frate Francesco d’Assisi che il titolo del volume suggerisce di collocare entro due termini cari al Santo: caritas e sapientia (cf. Ammonizione XXVII, 1). Nell’introduzione (pp. 17-26) il professor Bernardo Molina, dopo aver tracciato un breve profilo biografico dello studioso, presenta l’articolazione dell’opera. Essa si compone di tre sezioni: «all’inizio e al centro c’è la figura e il messaggio di san Francesco d’Assisi e alla fine l’eredità carismatica vissuta e confermata nella vita di diversi santi e personaggi significativi dell’Ordine» (p. 23). La prima sezione, dunque, Gli scritti di Francesco: un’eredità crea identità (pp. 55-358), raccoglie studi relativi agli scritti di Francesco e Chiara. La seconda, Gli Scritti: una fonte di spiritualità e teologia (pp. 359-619), ne approfondisce i contenuti tematici e carismatici. La terza sezione, Carisma e santità nel francescanesimo (pp. 619-784), apre alla ricchezza della santità francescana. «Tutti i santi dell’Ordine serafico», nota Molina, «sono testimoni credibili della realizzazione e del prolungamento nella storia della forma di vita evangelica iniziata dal Santo d’Assisi» (p. 25). Previa al susseguirsi dei saggi è una bibliografia di Lehmann (relativa agli anni 1982-2018), curata da Patrizia Morelli (pp. 27-53).
1. La prima sezione del volume si apre con due contributi (La rilettura degli Scritti di san Francesco, pp. 57-81 e Gli Opuscola e la riscoperta del carisma francescano: il contributo di Kajetan Esser, pp. 83-122) che offrono al lettore alcune coordinate fondamentali sulle edizioni critiche e i diversi approcci agli scritti dell’Assisiate, rilevando la svolta impressa agli studi sui testi dall’indagine di Paul Sabatier e il significativo apporto di Esser, specialmente a riguardo del Testamento e, più in generale, della riscoperta del carisma francescano («tutti i suoi studi dimostrano una spiccata sensibilità per le questioni dell’Ordine francescano sorte prima, durante e
dopo il concilio», p. 105).
Nel terzo saggio proposto, L’identità del Frate Minore a partire dal vangelo come forma di vita (pp. 123-170), Lehmann riflette sulla specificità identitaria francescana rispetto agli altri Ordini, assumendo come punto di partenza per comprendere l’intuizione evangelica di Francesco il Testamento e la ‘‘rivelazione’’ da parte dell’Altissimo in esso contenuta. Lo studioso articola, dunque, l’identità evangelica del frate Minore in alcuni nuclei fondamentali che caratterizzano la sequela di Gesù: rinunciare a tutto per seguirlo (cf. pp. 132-134), lasciare per ricevere (cf. pp. 134-136), seguire le orme di Gesù (cf. pp. 136-144). Evangelica è, inoltre, la modalità di andare per il mondo (in particolare Lehmann si sofferma sui capitoli 14-17 della Regola non bollata). Minorità e sottomissione sono le peculiarità del missionario francescano (cf. p. 149), insieme al primato della preghiera (cf. pp. 153-163), che scaturisce per Francesco da un assiduo « "dialogo" tra le realtà quotidiane e sacra Scrittura» (p. 153). Lehmann considera quindi i testi evangelici cui l’Assisiate si riferisce per incentivare nei fratelli un contatto intimo con Dio (cf. pp. 154-163), facendo emergere un progetto di vita che conduce a relazioni familiari con la Trinità (cf. pp. 163-168).
Quale l’idea fondante dell’Ordine francescano? È la questione che lo studioso affronta nel quarto saggio (pp. 171-202), concentrandosi sul Primo Ordine e in particolare sui suoi inizi. È ancora il Testamento punto d’avvio nel rileggere la progressione dalla fraternità all’Ordine stesso (cf. pp. 175-181), notando che in questo scritto «non compare la parola ordo nel senso di ‘‘Ordine’’, tuttavia esso contiene elementi che sono essenziali per un Ordine» (p. 177). Significativo è, in questo contesto, il vocabolario sanfrancescano: i "superiori" sono indicati con i termini "guardiano", "custode", "ministro", distinguendosi dagli Ordini monastici e prediligendo in ogni caso la parola "fraternitas". Lo studioso analizza anche l’utilizzo del termine "religio", soprattutto nella Regola e la sua specificità rispetto a "ordo" (cf. p. 180). Vivere secondo la forma del santo Vangelo è, per Francesco e i suoi fratelli, avere come costante riferimento la vita di Gesù con i suoi discepoli, assumere una dinamica di abbassamento che il comparativo "minor" esprime (cf. p. 186), «sia la sequela di Cristo in povertà e umiltà, sia l’entrare nell’intima relazione di Gesù con il Padre» (p. 187). Lehmann segnala, quindi, l’opzione di Francesco per le citazioni dai Sinottici dai quali trarre «gli elementi per descrivere le strutture e le attività della sua vita evangelica» e da Giovanni per accoglierne «le motivazioni per la vita sua e dei fratelli» (p. 190), nella novità di essere una nuova specie di «monaci» sulle strade del mondo (cf. pp. 198-202).
Nel saggio Il difficile rapporto reciproco tra Frati minori e Sorelle Povere nell’Ordine francescano (pp. 203-236), Lehmann esamina il duplice volto del carisma, per «prendere coscienza di quelle forme e modi di sentire che uniscono, e di quelli che distinguono il concetto della vita religiosa di Francesco e di Chiara» (p. 212). Ne mette quindi in luce le somiglianze (cf. pp. 212-215), le differenze (cf. pp. 215-219) e la comunione di obiettivi, ovvero fondamentalmente la «sequela di Cristo, che però in Chiara deve essere piu` propriamente definita imitazione di Cristo [...] in quanto non è diventata come Francesco pellegrina itinerante per il mondo. Nelle forme esterne, i due santi si distinguono notevolmente, senza però contraddirsi, ma al contrario completandosi» (p. 219). Se tra i due santi Lehmann coglie una collaborazione nel rispetto della reciproca autonomia, registra anche che storicamente le relazioni tra i frati e le suore non sempre furono altrettanto positive: in certi periodi i frati non assicurarono più la cura pastorale delle sorelle. A partire da tale criticità lo studioso tenta di offrire delle linee per un’odierna collaborazione (cf. pp. 224-236), evidenziando cosa si è fatto a livello ufficiale e soffermandosi sulle problematicità connesse alla clausura. In questo contesto la questione se Francesco e Chiara auspicassero a un solo Ordine è «anacronistica e fuori posto. Volevano due Ordini distinti, ma spiritualmente uniti a causa di un carisma in gran parte comune» (p. 235).
Al concetto di minorità è dedicato il sesto saggio proposto («Sed sint minores». La minorità nella Regola non bollata: proposte e reazioni, pp. 237-258). L’indagine è articolata in due parti: in primo luogo Lehmann riflette sulla minorità vissuta all’esterno della fraternità per portare quindi la sua attenzione a quella vissuta all’interno. Il capitolo VII della Regola non bollata offre indizi per il vissuto di minorità sul posto di lavoro, un’idea che emerge anche al capitolo 23 della medesima Regola, ma che secondo Lehmann ha il suo apice nel capitolo 16, dove la minorità è delineata nel confronto con i musulmani (cf. p. 248). La minorità all’interno del contesto fraterno è colta nella proposta del capitolo 6 della Regola: l’idea entra anche nel nome assegnato agli uffici (es. l’appellativo di "minister" anziché "magister"). Si tratta di un concetto mai esplicitamente nominato da Francesco ma bene espresso «nel binomio "povertà e umiltà" che si trova quattro volte nei suoi scritti, senza contare tanti altri passi in cui vengono ribadite la pazienza e l’umiltà» (p. 257).
Il contributo successivo mette a fuoco il secondo capitolo della Regola bollata, il più esteso di tutta la Regola, che concerne l’accoglienza e l’iniziazione alla vita dei frati Minori (Il capitolo 2 della Regola: un percorso di iniziazione. «Di coloro che vogliono intraprendere questa vita e come devono essere accolti», pp. 259-307). All’analisi della struttura del capitolo (cf. pp. 260-266) segue la lettura del medesimo nel suo contesto storico, sociale, religioso (cf. pp. 266-274), mediante anche il confronto con le regole di sant’Agostino, di san Benedetto, dei Trinitari. L’autore, infine, illustra il contenuto del testo alla luce di altri testi, specie della Regola non bollata (cf. pp. 274-294) e altri scritti (cf. pp. 294-300). Stimolanti le proposte di rilettura nel nostro contesto che Lehmann offre, lasciando trapelare una riflessione che parte anche da un personale vissuto (cf. pp. 301-307).
In connessione all’attualità possono essere letti gli ultimi due contributi della prima sezione («Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco era cosa molto buona» (Gen 1,31). La visione teologica della creazione in Francesco d’Assisi, pp. 309-336; Francesco d’Assisi: pellegrino dell’assoluto e messaggero di pace, pp. 337-358). Lehmann mette anzitutto a tema la visione teologica della creazione in Francesco d’Assisi, a partire dall’esame dei suoi scritti e dalle testimonianze che hanno descritto il comportamento del Santo. Si chiede, poi, nel secondo contributo se abbia fondamento storico il cosiddetto "spirito di Assisi". Francesco può certo essere riferimento laddove si intraprendano vie di dialogo e di pace: lo studioso ne caratterizza il suo essere uomo di incontro (quello con il sultano e` il piu` clamoroso, cf. pp. 339-344), a partire dalla convinzione profonda che Dio è fonte di ogni bene (cf. p. 354) e dall’attitudine, da lui mantenuta durante tutta la vita, di pellegrino «non nel senso che passasse da una religione all’altra, ma nel senso che non si fermò mai nella ricerca di Dio, sapendo che questo è sempre più grande di quanto lo pensiamo, diverso dall’immagine che ce ne facciamo» (p. 357).
2. La seconda sezione del volume si apre con due contributi che indagano sull’attitudine universale della preghiera di san Francesco (San Francesco e la preghiera universale, pp. 361-378; Impegno totale e apertura universale nella preghiera di san Francesco, pp. 379-394). Analizzando le preghiere del Santo, Lehmann nota, ad esempio, nella preghiera "Ti adoriamo", ancora in uso nella famiglia francescana, un significativo ampliamento apportato da Francesco rispetto alla formulazione latina dell’antica liturgia della Croce: oltre all’espressione "Signore Gesù", prima dell’invocazione "Cristo" e all’aggettivo "santa" riferito alla croce, l’Assisiate aggiunge il rimando a tutte le chiese che sono nel mondo intero. Francesco, sottolinea Lehmann, «grazie al suo spirito universalista, supera i confini della sua regione umbra per estendere la sua adorazione a tutte le chiese del mondo» (p. 366). La tensione universale dell’orazione del Santo è altresì rinvenibile nei Salmi del suo Ufficio della Passione (cf. p. 367), nelle Lodi per ogni ora e nel Cantico di frate sole (cf. pp. 369-372). L’universalismo francescano puo` quindi essere puntualizzato in sette punti: Dio ha creato e redento tutti (cf. pp. 379-382) e la risposta a questo suo dono è donarsi totalmente a lui e al prossimo; il mondo intero è spazio di adorazione (cf. pp. 382-384); la lode di Francesco è cosmica (cf. pp. 384-387) ed egli «invita cielo e terra, tutti gli uomini e tutte le creature a lodare il Signore» (p. 385); l’arco della storia della salvezza è molto vasto (cf. p. 387) e comprende creazione, redenzione e parusia; Francesco ha coscienza di una missione universale (cf. pp. 388-391) che emerge nelle lettere da lui scritte ai fedeli, ai reggitori di popoli, ai custodi e nel progetto missionario del capitolo 16 della Regola non bollata; la Chiesa è comunione di santi e di peccatori (cf. pp. 391-393); Francesco richiama alla fede e alla penitenza ogni stato di vita e tutti i popoli (cf. pp. 393-394).
Ancora sul tema della preghiera vertono il terzo saggio della seconda sezione, L’Orazione di san Francesco sul Padre nostro (cf. pp. 395-412), in cui Lehmann analizza puntualmente tutte le petizioni di «una preghiera ben radicata nella vita e nella fraternità di Francesco» (p. 402), e il quarto contributo, Francesco d’Assisi: la lode di Dio come ponte tra le religioni (pp. 413-433). La preghiera per Francesco, nota Lehmann, «è qualcosa che permette di guardare oltre il proprio orizzonte, oltrepassando il confine di appartenenza. E mentre invita tutti insistentemente alla lode universale di Dio, induce anche altri a uscire da se ? e li rimanda al Dio sempre maggiore, trascendente, al tutto unificante» (p. 432). Nell’ampio saggio La devozione a Maria in Francesco e Chiara d’Assisi (pp. 435-488), Lehmann considera gli scritti dei due santi per metterne in luce i tratti della loro devozione alla Madre di Dio. Il contributo dapprima si concentra su alcune caratteristiche mariane illustrate da Francesco e Chiara, ne coglie quindi il rapporto con la missione personale e, infine, rileva alcuni indizi «che possono in qualche modo essere visti come preannuncio della dottrina sull’immacolata concezione della Vergine Maria» (p. 436). Maria e` quindi menzionata in rapporto alla santissima Trinità (cf. pp. 436-445). In Francesco, a questo riguardo, testi particolarmente significativi sono il Saluto alla beata Vergine Maria e l’Antifona mariana dell’Ufficio della Passione, recitato anche da Chiara e di cui lo studioso offre puntuale analisi, dimostrando anche l’abitudine di Francesco di recitare un piccolo ufficio della Madonna. Maria è, nell’antifona francescana, figlia e ancella dell’altissimo sommo Re, il Padre celeste (cf. pp. 445-446): «figlia indica e definisce ciò che Dio ha fatto verso Maria, mentre il termine ancella manifesta come Maria si definisce e rivela se stessa in rapporto a Dio» (p. 446). È quindi Madre del nostro santissimo Signore Gesù Cristo (cf. pp. 446-450) e Sposa dello Spirito Santo (cf. pp. 451-453), titolo, quest’ultimo, che costituisce una novità, una «creazione genuina dello spirito cavalleresco del Poverello» (p. 451). In rapporto alla Chiesa, Maria è vergine fatta Chiesa (cf. pp. 453-457), invocata nella comunione dei santi (cf. pp. 457-461), avvocata dell’Ordine e interceditrice per la Chiesa militante (cf. pp. 461-466). I titoli mariani hanno una profonda ricaduta nella percezione che Chiara ha della sua vocazione e di quella delle sue sorelle: esse stesse sono figlie, ancelle e spose (cf. pp. 466-69), madri (cf. pp. 470-481) in una maternità declinata nei suoi scritti anche da Francesco («l’essere madre di Cristo è una possibilità offerta a tutti i credenti», p. 475), specchiandosi in Gesù e stringendosi alla sua dolcissima Madre (cf. pp. 482-485). Maria da Francesco è esaltata nella sua esistenza totalmente disposta e sottomessa alla volontà di Dio, un’unione con lui che in qualche modo anticipa implicitamente il pensiero dell’Immacolata concezione (cf. p. 486). L’analisi di Lehmann evidenzia come, seppur legata alla tradizione cristiana, la devozione mariana di Francesco e Chiara è «fatta propria con sfumature originali» (p. 488).
L’eucaristia al tempo e negli scritti di Francesco d’Assisi (pp. 489-522) è il sesto saggio della seconda sezione del volume: Lehmann presenta il contesto ecclesiale dai dibattiti eucaristici alla definizione dogmatica del concilio Lateranense IV (cf. pp. 489-504), puntualizzando le linee di riforma pastorale e liturgica del culto eucaristico per poi soffermarsi sulla risposta teologica e pastorale di Francesco (cf. pp. 504-515) e i tratti della sua devozione (cf. pp. 515-520). Francesco nella sua "dottrina eucaristica" non utilizza numerosi dei termini in uso presso i teologi del suo tempo, ma predilige termini concreti rispetto a quelli astratti ("corpo e sangue", ad esempio, piuttosto che "eucaristia", cf. p. 506), applicando l’analogia tra incarnazione ed eucaristia ad esempio nella prima Ammonizione e nella Lettera a tutto l’Ordine, senza tuttavia cadere nel fisicismo (cf. pp. 506-507). Ancora nella prima Ammonizione emergono suggestivi binomi, che Lehmann mette in relazione anche con altri scritti del santo: vedere-credere, quale dinamica spirituale fondamentale dinanzi all’eucaristia, nel passare dal vedere con gli occhi del corpo al contemplare con «occhi spirituali» (p. 509), inabitazione dello Spirito ed eucaristia (cf. pp. 509-510), corporaliter e spiritualiter (cf. pp. 510-512), cui va aggiunto il binomio sacrificio e banchetto eucaristico in diversi testi francescani (cf. pp. 512-513). La devozione eucaristica di Francesco è tratteggiata, sempre sulla base degli scritti, da Lehmann nei suoi tratti essenziali: rispetto e adorazione (cf. pp. 515-516), la cura che il Santissimo sia custodito in un luogo prezioso e che pure la Parola sia conservata in uno spazio decoroso (cf. pp. 516-519), la partecipazione dei fratelli a un’unica e medesima messa (cf. pp. 519-520).
Il settimo e l’ottavo contributo della seconda sezione si concentrano su quella che potremmo definire la cura epistolare delle relazioni da parte dell’Assisiate: San Francesco d’Assisi scrive ai governanti: l’amorosa parresia di un povero (pp. 523-542), La Lettera a frate Leone: una traccia autobiografica di Francesco (pp. 543-564). Nella lettera ai governanti Francesco si rivolge liberamente ai potenti, come un uomo senza potere, un «pazzo per Cristo» (cf. p. 523). Lehmann, rinviando al complesso della testualità del santo, scandaglia il suo rifiuto di ogni logica di potere (cf. pp. 523-531): in tale contesto lo studioso propone l’ascolto delle lettere ai custodi e ai reggitori di popoli (cf. pp. 531-541). In particolare quest’ultima è un documento coraggioso, frutto del suo viaggio dal sultano d’Egitto, animato dal tentativo di costruire ponti tra cristiani e musulmani anche usando del potere con responsabilità dinanzi a Dio e attribuendo gloria e lode e lui solo. Portando l’attenzione sulla breve Lettera a frate Leone, Lehmann ne propone la descrizione offerta da A. Bartoli Langeli (cf. pp. 547-553) insieme a due delle nuove interpretazioni suscitate dalla lettura del paleografo. Felice Accrocca evidenzia il ripensamento di Francesco da una durezza iniziale nei confronti di Leone all’assicurargli la disponibilità della sua vicinanza, con tenerezza materna (cf. pp. 554-555). Jacques Dalarun da parte sua propone una lettura non solo in senso metaforico ma giuridico del definirsi di Francesco sicut mater, esprimendo un ruolo istituzionale (cf. pp. 555-561). Lo scritto autografo di Francesco, nota Lehmann, evidenzia come egli si senta «fratello tra fratelli, ma anche una madre per i suoi fratelli» (p. 562), sciogliendo in questo modo la tensione tra obbedienza e libertà, dando responsabilità ma anche guidando, come una buona madre.
La questione della sofferenza e` al centro del nono saggio di questa sezione, Il cantico della tribolazione (pp. 565-571): poche pagine ma ricche di spunti nel tratteggiare il rapporto di Francesco con la malattia. Il Cantico di frate Sole, sgorgato nella notte della sofferenza, è particolarmente emblematico a riguardo. La fede in Cristo risorto, la positiva visione dell’uomo e del creato donano a Francesco «il coraggio e a possibilità di erompere in un canto pasquale» (p. 568).
L’ultimo ampio intervento della sezione verte sul tema del lavoro manuale (Lavoro e mendicità negli scritti di Francesco d’Assisi, pp. 573-618), prendendo in considerazione i capitoli 7-9 della Regola non bollata (pp. 567-604), il capitolo 5 della Regola bollata (pp. 604-606) e i versetti 20-22 del Testamento (pp. 607-609). Preliminare all’analisi dei testi è una riflessione sulla distinzione tra labor e opus (cf. pp. 573-576). Nella Regola non bollata è possibile parlare di «un’assimilazione del concetto monastico di lavoro da parte di Francesco» (p. 590), con una accentuazione specifica però riguardo al divieto di ricevere denaro e alla proposta di un lavoro senza ricompensa immediata, salvaguardando la povertà e la minorità, ponendo come eccezione la sola manifesta necessità dei lebbrosi. La questua, inoltre, è parte essa stessa della sequela del Cristo che "si abbassa" (cf. pp. 595-604). Il capitolo 5 della Regola bollata contiene due elementi nuovi rispetto alla non bollata: «la concezione del lavoro come grazia e il primato dello "spirito della santa orazione e devozione"» (p. 604). Il Testamento, infine, «cerca di restringere la molteplicità di occupazioni al solo lavoro manuale, che tutti devono imparare per due motivi: dare il buon esempio ed evitare l’ozio» (p. 609). Le diverse sfumature dei testi analizzati lasciano intuire l’interesse della questione considerata da Lehmann che suscitò dibattiti interpretativi nella storia dell’Ordine e nell’evolversi delle sue attività, come illustrato nell’ultimo paragrafo La soluzione di Bonaventura: anche lo studio e la predica sono fatica (labor) (pp. 610-618).
3. La terza sezione offre il variegato volto della santità francescana (cf. pp. 621-623) proponendo alcuni significativi ritratti: Elisabetta d’Ungheria (pp. 625-644), Felice da Cantalice (pp. 645-672), Diego d’Estella (pp. 673-676), Giacomo da Milano (pp. 677-679), Leonardo da Porto Maurizio (pp. 681-684), Serafino da Montegranaro (pp. 685-730). Accanto a queste personalità Lehmann dedica uno spazio anche a Ildegarda di Bingen (pp. 731-737) e a Giovanni Maria Vianney (pp. 739-745). Chiude il volume un contributo su padre Bernard Christen da Andermatt e il suo impegno nella promozione degli studi e della formazione all’interno dell’Ordine dei cappuccini («Studia promovit». La promozione della formazione e l’organizzazione degli studi, pp. 747-784). Siamo grati a padre Leonhard Lehmann per tanta ricchezza di indagine: questa raccolta di studi racconta al tempo stesso il fascino e la perseveranza di un cammino... dialogando per via con frate Francesco, lasciandosene provocare in carità e sapienza, per custodire e cercare ancora la forma del Vangelo.
Tratto dalla Rivista "Il Santo. Rivista francescana di storia dottrina arte" LX, 2020, fasc. 1-2
(http://www.centrostudiantoniani.it/)
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