Guida di lettura del Nuovo Testamento

Negli ultimi anni sono uscite — in traduzione o direttamente in italiano — parecchie introduzioni al Nuovo Testamento. Il volume curato da P. Debergé e J. Nieuviarts si presenta in questo panorama in modo da attirare l'attenzione, sia per la mole (più di cinquecento pagine e in formato gran­de) che per la proposta fatta.

Leggia­mo a proposito nell'introduzione: «Questa Guida di lettura del Nuovo Testamento persegue proprio un tale obiettivo: proporre un'introduzione al Nuovo Testamento che non si ac­contenti di rispondere alle domande abituali — quando è stato scritto un de­terminato libro, dove, da chi, a che scopo? —, ma permetta di leggere e comprendere i testi che lo costituisco­no» (pp. 6-7). Dunque non solo un'in­troduzione classica, ma anche una ve­ra e propria guida di lettura. Sfogliamo velocemente il volume, per vedere se e come risponde all'in­tenzione iniziale. Una prima parte (cc. 1-2) potremmo definirla l'intro­duzione «classica» al Nuovo Testa­ mento: nel c. 1 presenta la formazione del Nuovo Testamento, dalle prime lettere di Paolo alla lettera di Giuda, passando per i Sinottici e gli scritti di Giovanni; per ogni scritto cerca di ri­costruire la storia e l'ambiente in cui si è formato; qui sono affrontate que­stioni quali la teoria delle fonti e la for­mazione del canone. Il c. 2 è di erme­neutica, affronta «la storia del testo e delle sue letture»: dai manoscritti alla storia dell'interpretazione. Il resto del libro (cc. 3-8: quantita­tivamente i due terzi del volume) è un'introduzione alla lettura degli scritti del Nuovo Testamento, ora presentati in ordine canonico: da Mat­teo all'Apocalisse.

Per ogni libro a grandi linee viene seguito questo sche­ma: struttura, spiegazione di alcuni brani scelti, sintesi teologica. E un'o­pera collettiva, per cui dipende molto da chi ha curato il singolo libro oppu­re l'insieme; Matteo e Luca-Atti, per esempio, risultano abbastanza scialbi: la struttura è poco più che un riassun­to, la spiegazione dei testi molto velo­ce, soltanto poche righe per la rifles­sione teologica. Marco e Giovanni, in­vece, vengono affrontati con più cal­ma; particolarmente degno di nota il tentativo di presentare i brani non so­lo con un buon approfondimento, ma anche cercando di usare metodologie diverse. Al di là del capitolo più o meno riu­scito, che dire dell'insieme del lavoro? L'aspetto positivo più evidente è il tentativo di fare una lettura «nuova», al passo con i tempi; lo si vede special­mente nell'attenzione alla metodolo­gia (ermeneutica) messa in luce per Giovanni e Marco, ma presente anche in altre occasioni. Negli ultimi anni la riflessione ermeneutica torna spesso alla ribalta: il presente volume ha il merito di provare ad applicare i di­scorsi generali di metodo alla lettura concreta dei testi.

D'altra parte, sono evidenti anche alcuni limiti; per esem­pio tra il capitolo secondo e i seguenti ci sono parecchie ripetizioni, perché ogni capitolo riprende le questioni re­lative alla formazione dello scritto che sta presentando. Nei volumi a più ma­ni può capitare, non fa più di tanto problema. E discutibile invece la scelta di tagliare fuori dalla spiegazione (nel­la seconda parte del libro) tutte le let­tere cattoliche: saranno anche poco studiate nei vari corsi biblici, ma non sembra un motivo valido per ometter­ne la presentazione volendo fare una guida di lettura di tutto il Nuovo Testamento.

Tratto dalla rivista "Credere Oggi" n.3 del 2008
(www.credereoggi.it)