La parità di diritti tra i due sessi, la libertà della donna di lavorare fuori casa e di vestirsi come vuole sono dati ormai del tutto scontati e indiscussi, talmente radicati da escludere qualsiasi voce di dissenso. A pensarla diversamente possono essere solo gli ambienti del fondamentalismo islamico “fanatico”; oppure possono essere i Padri della Chiesa che, come si ritiene oggi, non avevano ancora sviluppato la consapevolezza della vera dignità della donna.
Ebbene, questo libro si presenta come una voce di dissenso, anzi come un totale ribaltamento di prospettiva: non più dare per scontato che l’emancipazione femminile sia una conquista della civiltà, bensì ripensare la questione, tornando ad ascoltare la voce proprio di coloro (i Padri della Chiesa) che furono i più tenaci sostenitori della concezione patriarcale: si propone cioè di capire le ragioni di chi non la pensa come noi. Si offre al lettore la possibilità di accostarsi alla presunta “misoginia” dei Padri non con i soliti schemi mentali di oggi, per i quali “sottomissione”, “clausura”, “velo”, “obbedienza al marito” sono cose necessariamente negative, ma con uno spirito di umiltà e di rispetto, per verificare se forse esista una libertà della donna che non sia solo quella di lavorare e guadagnare soldi, e se esista una dignità che possa esprimersi anche nell’essere pudica, portare il velo e dedicarsi alla famiglia.
Utile strumento di studio per l’ampia e dettagliata documentazione che offre, basata rigorosamente sui testi biblici e patristici, questo libro offre al contempo un grande affresco di una società alternativa (dove, paradossalmente, il modello cristiano delle origini si rivela più vicino all’Islam fondamentalista odierno che all’Europa “cristiana”); diventa un itinerario spirituale per riscoprire i valori della pazienza, della libertà interiore, della povertà e dell’abbandono a Dio; diventa, infine, un’occasione per rimettere in discussione, secondo una prospettiva genuinamente cristiana, gli “assiomi” della società occidentale moderna (emancipazione femminile, benessere, diritti umani…) e volgere il nostro sguardo a vedere che esistono modi diversi di concepire la vita, modi diversi di intendere la dignità femminile.
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Silvana Ziviani, silvanaziviani@tiscali.it il 26 giugno 2008 alle 16:03 ha scritto:
Scrivo a proposito del libro "La Donna Cristiana" di Dag Tessore. È un libro che ho letto integralmente, invogliata dall'introduzione e dal primo capitolo. Dopo la prima reazione di critica e rifiuto, mi sono accorta che proprio queste reazioni mi hanno portato ad approfondire il perché di questo mio atteggiamento.
Sono una che negli anni '70 ha fondato in una piccola città di provincia l'AIED, e il consultorio familiare per la protezione della donna maltrattata in famiglia, che ha fatto le campagne per il divorzio e l'aborto, che ha occupato la Casa della Donna a Roma; insomma sono una che credeva di poter lottare per i "diritti" sacrosanti della donna, senza altro supporto che il diritto stesso, contro l'impero del "maschio sopraffattore". Ora dopo tanti anni, dopo lunghi soggiorni in Asia, dopo un divorzio e il confronto con la legge per avere mio figlio, ho scoperto per caso che oggi una donna, per poter avere il famoso diritto liberatorio al lavoro, deve firmare una carta in cui rinuncia ad avere figli, ad essere pienamente donna. Ho trovato che il diritto della donna si riduce a competere accanitamente con il maschio per poter lavorare, per poter alzarsi presto la mattina, incanalarsi nel traffico, mollare i figli in un centro raccolta infanti che tali sono gli asili, abbrutirsi nella ripetitività magari come cassiera per ore in un supermarket, tornare a casa e prendersela con i bambini, la baby sitter, il marito, a causa dell'eccessivo stress e soprattutto della terribile frustrazione di vedere la propria vita naufragare in un mare di superficialità a cui si dà il nome di integrazione, di desideri inappagati perché più desideri materiali si hanno più si è alla ricerca del prossimo desiderio, con la sola aspirazione a non pensare più, ad abdicare completamente alla propria mente razionale, dando così ragione ai maschilisti che dicono che la donna è poco razionale. Per quanto riguarda la famosa e tanto ricercata "parità" con l'uomo, questa si riduce a vestirsi unisex mettendo bene in mostra sedere, pancia e seno, in modo da sottolineare che si è veramente donne. Basta questo veramente per controbilanciare la totale abdicazione alla nostra femminilità più profonda? O, seguendo la moda imposta dalla TV, non si diventa forse veri "oggetti sessuali", da usare e gettare, non si diventa consumatori di sesso vedendo nei figli un "by product" chimico, una manipolazione ormonale? Si vive terrorizzati dalla malattia, dalla vecchiaia alla morte non ci si pensa: porta jella, si combatte contro la natura in un disperato sforzo di fuga. Forse una donna cristiana riconoscerebbe in tutto questo l'Inferno, la punizione di Dio. Ma noi ci consideriamo laiche, emancipate, non c'è più posto per qualcosa che non sia materiale, perituro.
Questo libro mi ha fatto pensare a tutto questo, mi ha fatto scandagliare con onestà alla ricerca del vero significato di quelle parole di cui ci riempivamo la bocca sfilando per la città e che ora vengono ripetute come mantra, come frasi senza senso, ma che fanno tanto "tendenza moderna": libertà, diritti, parità, ecc. Ma abbiamo dimenticato onestà, approfondimento, significato, moralità parola che ha ora una connotazione negativa e soprattutto "spiritualità", quella qualità umana che veramente ci rende simili a Dio. Siamo laici e ne andiamo fieri, non abbiamo più un Dio, ma poi adoriamo la ricchezza, facciamo idoli dei beni materiali, innalziamo sull'altare i "divi" sportivi, televisivi, cinematografici.
Ecco, mentre leggo questo libro "La donna cristiana", malgrado la continua reazione di rifiuto condizionato che provo a certe asserzioni d'altronde tutte sostenute da citazioni della Bibbia e dei Padri vedo come sia scomodo per me scavare oltre la superficie, mettermi in contatto con il significato profondo del mio essere donna, vedo come sia più facile seguire la corrente della mente comune di seconda mano e ripetere all'infinito slogan magici, santificati dall'opinione generale.
Per mia esperienza personale ho scoperto che, solo vedendo chiaramente la situazione reale, solo ammettendola con onestà, solo accettandola come un dato di fatto, posso sperare di risalire alle cause che l'hanno prodotta o, alternativamente, accettarla integralmente come inviata da Dio se si parla di donne credenti, cristiane. Questo libro mi ha fatto pensare che forse la parola libertà può avere la connotazione proprio di "libertà da questa mente condizionata", in modo da poter accettare sia la propria limitatezza che quella degli altri, senza ergersi a giudici di nessuno.
Posso non essere d'accordo su quello che il Tessore dice di suo nel libro, ma posso anche non essere sua nemica e antagonista, tacciandolo delle cose peggiori. Prendo la responsabilità della mia reazione, che può essere giusta solo se consapevole e pensata attraverso quello strumento magico e supremo che è la nostra mente.
- Silvana Ziviani